venerdì 24 novembre 2017

Il re per te...


«Signore, quando ti abbiamo visto?»

La domanda torna due volte in questa pericope del Vangelo di Matteo (25,31-46). Gesù risponde che in presenza di un affamato, di un carcerato, di un bisognoso, Lui era lì. Chi l'ha saputo riconoscere e lo ha soccorso, è una vera pecora, perché davvero attento alla Parola, ha veramente Cristo al centro del cuore e lo sta seriamente seguendo. Altrimenti, chi non ha saputo riconoscere Cristo nei bisognosi, vuol dire che al centro del proprio cuore ha altro. 

In questa solennità di Cristo re dell'Universo riconosciamo che Gesù deve governare su tutto e ha tutti i simboli regali: 

ha ricevuto la corona di gloria (quella  di spine che rivela tutto il suo grande amore per noi che gli dà forza per sopportare tutte le sofferenze e le offese, questo fa di Lui un uomo potente).

Come tutti i re, Cristo ha per scettro la croce (come lo scettro serve per indicare la strada, per radunare le persone, così la sua croce ci unisce tutti insieme ai suoi piedi per lasciarci riempire dai suoi insegnamenti e camminare per la giusta strada).

Infine, il trono di Cristo re è il nostro cuore. Ogni volta che agiamo secondo la Sua volontà produciamo tre effetti: lasciamo che sia Gesù a occupare il nostro cuore, e non altri "re"; attraverso le nostre azioni rendiamo visibile al prossimo chi è l'unico meritevole di fiducia e di onore; possiamo essere credibili al punto da allargare il Suo regno e permettere a Cristo di regnare in altri cuori fino a conquistare l'intero universo.

«Tutto quello che (non) avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, 
(non) lo avete fatto a me»

È come se il Signore alla fine di questo anno liturgico ci invitasse a fare un esame di coscienza di tutto quello che abbiamo fatto e di ciò che avremmo potuto fare... e da quest'ultimo ripartire. È come se Cristo ci chiedesse: chi ha governato il tuo cuore in questo periodo? Chi vuoi che lo governi in futuro?

Tante possono essere le signorie che rischiano di detronizzare Cristo dal nostro cuore, sono le tentazioni: l'uso smodato della tecnologia, i discorsi frivoli, il carrierismo, la disonestà per aumentare il guadagno, il corpo eccessivamente curato, l'uso irrispettoso del corpo, i risentimenti nei confronti di qualcuno o di una categoria di persone, la supremazia assoluta della ragione, la gelosia, l'inganno, il pettegolezzo, la menzogna, ecc.

Amare Dio significa amare gli altri. Dio non lo possiamo vedere, ma lo possiamo sperimentare nelle persone che ci mette accanto che non possiamo mettere da parte ma, anzi, ricentrare. 

  • Desidero vedere il Signore?
  • Chi/cosa è al centro del mio cuore? Chi è il re della mia vita?
  • Che posto ha il prossimo nella mia vita?

d. Domenico




sabato 18 novembre 2017

"Oh Vita!"


«Come posso io non celebrarti, Vita?» 

Ogni volta che sento questo ritornello mi chiedo: cosa fare per celebrare la vita, per ringraziare di quanto mi ha dato e renderla sempre degna di memoria? La risposta mi arriva dal Vangelo dei talenti (Mt 25,14-30).

Quando l'evangelista Matteo parla di talenti, parla di opportunità di amore che Dio ci dà. Egli mette in noi il seme dell'amore e la vita è tutta un'occasione perché questo cresca e si moltiplichi... ciascuno con le proprie capacità e secondo le proprie forze. Non esiste una cifra ideale dell'amore. Una cosa è certa: più mi sforzerò di amare (e quindi di vivere secondo Dio), più seminerò amore. 

È bello vedere come l'incontro con l'altro sia un'opportunità che Dio offre a ciascuno affinché quello diventi il "talento" di cui prendersi cura e farlo fiorire. Molto spesso accade che ci siano persone pigre ed egoiste che bruciano la propria vita credendo di avere tanto tempo. Queste domeniche il Signore ci avverte che in realtà non sapremo quando questo tempo finirà, quindi è meglio investire subito, senza indugiare e senza serbare nulla. 

Quanta vita perdiamo a criticare, a odiare, a sospettare, a malignare, a studiare il male da fare piuttosto che il bene, a ingegnare il modo di ingannare qualcuno... Quanta vita impieghiamo per farci belli, per rilassarci, per vivere mondanamente... Quanta vita ci lasciamo sfuggire incollati allo schermo della tv, del cellulare, dei videogames... Questi sono quelli che Gesù nella parabola chiama "servi malvagi (nella vecchia traduzione cattivi, ovvero catturati dal male) e pigri". 

L'amore che il Padre ha riversato in me, deve duplicarsi nella risposta di amore verso i fratelli. Gesù conclude: «a chi ha, verrà dato», cioè a chi ha dato amore, a chi ha speso la propria vita per gli altri, sarà data la vita eterna; mentre chi non avrà dato proprio niente sarà gettato via, perché non è stato in grado di onorare la propria vita, è stato incapace di celebrare la Vita, che è Dio... in noi!

  • Quanto tempo dedico alle cose frivole? Quanto a Dio?
  • Quanto mi dedico agli altri? Come?
  • Come celebro la mia vita? E quella degli altri?

d. Domenico







domenica 12 novembre 2017

Se non mi carico, non valico


Alzi la mano chi, sapendo che deve ricevere una chiamata/messaggio importante, non fa il pieno di ricarica alla batteria del cellulare prima di uscire di casa... nessuno vorrebbe farsi cogliere impreparato o interrompere una chiacchierata sul più bello! Oggi la maggior parte dei rapporti li coltiviamo col telefono, perché ci permette di restare vicini alle persone a noi care. Il guaio arriva quando il telefono non è carico: sentiamo di allontanarci da quelle persone e se non ci aggiorniamo su di loro costantemente, avvertiamo di conoscerle sempre meno fino a non conoscerle più.

Alzi la mano, poi, chi per andare a una festa non si prepara sul festeggiato, sul motivo della festa e quindi sull'abito e sul regalo opportuno da fare... Tutto questo implica un rapporto col festeggiato.

Così avviene con Dio. Un giorno lui verrà per farci entrare nel suo Regno, ma rischiamo di non farci trovare pronti, di non conoscerlo davvero, di non sapere dove andiamo, perché è venuto, ma soprattutto potrebbe passarci davanti e dirci: «io non vi conosco, perché dovreste venire a casa mia». A quel punto sarà tardi per recuperare (cfr Mt 25,1-13).

Questo Vangelo non vuole spaventarci o minacciarci, ma svegliarci, aprirci gli occhi su ciò che c'è da fare! Non basta dire che credo in Gesù se non mi impegno ad approfondire il rapporto con la Sua Parola (ovvero la liturgia delle ore, la lectio divina, il commento a una lettura del Vangelo, i sacramenti...). Per conoscere Dio non basta sapere chi è, ma sentire la sua presenza, conoscere i suoi "pettegolezzi", le sue confidenze, i suoi particolari che ne arricchiscono la conoscenza... come ciò che cogliamo quando messaggiamo continuamente con determinati amici, il che rende quelli, più amici di altri!

Cosa saprei raccontare di Dio per essere convincente? Per raccontare la fede non c'è bisogno della teologia, che invece ci aiuta a non perdere l'oggetto della nostra fede. La fede è un rapporto intimo con Dio che nel tempo ho coltivato. La testimonianza è il racconto appassionato di questo rapporto. In paradiso ci andrà chi ha approfittato del tempo presente per diventare intimo con Lui affinché Egli riconoscendoci permetterà che entriamo... 

In fondo, nessuno di noi farebbe entrare uno sconosciuto in casa propria!

  • Conosco Dio? Cosa conosco di Lui? Come approfondisco il rapporto con Lui?
  • Di cosa riempio la mia vita? È piena di Dio?
  • Che posto ha Dio nella mia vita?
  • Quanto conta il Suo giudizio per me?
  • Come vivo l'attesa del giorno in cui Lui verrà?

d. Domenico

domenica 5 novembre 2017

Amare fa volare



Quando incontro adolescenti invaghiti o innamorati si vede subito: manca poco che stacchino i piedi da terra per lievitare. L’amore alleggerisce la vita. Se fossimo tutti capaci di mettere amore in ogni cosa che facciamo nella nostra vita, vivremmo il Paradiso in terra!

Il Vangelo (Mt 23,1-12) ci invita a riflettere sul ruolo delle guide e dei responsabili (religiosi e civili). Gesù è preoccupato perché tutti sono interessati al potere considerato come dominio e non come servizio; tutti sono attenti a valutare i pregi del proprio ruolo piuttosto che essere testimoni di Dio. Testimoniare Dio, in fondo, significa amare sempre, comunque e chiunque. Può risultare difficile perchè non siamo Dio, ma non è impossibile perchè, essendo Sua immagine e somiglianza, siamo chiamati a imitarlo.

La chiamata al servizio viene sempre da Dio Padre; essere guida di qualcuno non significa essere superiore a lui, ma essergli uguale; Gesù afferma chiaramente: «non fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro maestro, voi siete tutti fratelli». Dio chiede di metterci in ascolto della Sua Parola, imparare l’amore che viene da Lui e donarlo a nostra volta con parole e opere. Solo così vedremo il nostro fratello raggiungere alte vette, umane e spirituali. 

  • Quante volte ho desiderato la santità del mio popolo, della mia parrocchia, della mia famiglia... prego per questo? Come mi impegno nel mio piccolo?
  • Una comunità si santifica con la santità della sua guida, dei sacerdoti, dei politici... quanto prego per loro?
  • Il Signore mi affida un incarico per edificare la Sua comunità: vivo questo incarico come servizio o come potere? Considero le persone che mi affida come Sue o come mie?
  • Sono chiamato a dare testimonianza della mia fede: lo faccio solo a parole facendomi maestro, oppure mi impegno a dare esempio con la mia vita?
  • Per molti, Dio è precetti, regole, peso... Per me cos’è?
  • Riesco a vivere il servizio con umiltà e silenzio, oppure sento il bisogno di sbandierare le mie opere e il mio incarico?
d. Domenico








mercoledì 1 novembre 2017

Fatti santo!



Farsi santo conviene!

Tutti vorremmo la serenità, la pace, il benessere (materiale e spirituale), aspiriamo a una gioia duratura, ecc. Con Gesù niente è impossibile e non c’è spazio per la tristezza. Le vite dei santi ci insegnano che essi non erano mai tristi. In fondo, come esserlo se sei vicino a Dio? Come puoi essere freddo se sei sempre vicino al sole?

Più ci sforziamo di restare vicini al Signore, più probabilità abbiamo di essere invasi da una felicità che non passa velocemente (come quando, invece, accumuliamo beni che ci riempiono la vita per colmare dei vuoti umani, materiali o spirituali).

Le Beatitudini evangeliche (Mt 5,1-12) sono la ricetta per ottenere la felicità: chi vuol essere davvero felice, e in modo duraturo, deve sforzarsi di aspirare alle beatitudini e farsi imitatore dei santi, ovvero di coloro che si sono “distinti” (in ebraico kadosh = santo) da quelli che dicono di credere, ma di fatti non si impegnano. In fondo pensandoci bene Gesù dice:

- “Beati i poveri in spirito”, ma chissà quanto siamo pieni di cose, atteggiamenti o sentimenti mondani che ci tengono lontani da Dio;

- “Beati quelli che sono nel pianto”, quante volte invece non accettiamo la volontà di Dio perché fa soffrire;

- “Beati i miti”, e spesso siamo nervosi, impazienti, lamentosi, intransigenti...;

- “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia”, quante volte invece di attendere la giustizia divina ci facciamo giustizia (umana) da soli, pronti a studiare il modo col quale farla pagare a qualcuno, o reagire in nome dell’ “onore” (quale onore?);

- “Beati i misericordiosi”, cerchiamo spesso il perdono, la comprensione, la compassione altrui, e di Dio, ma siamo sempre poco disposti a concederli;

- “Beati gli operatori di pace”, quante volte invece seminiamo zizzania, non sediamo i litigi, pettegoliamo, inganniamo, mentiamo...;

  • Come posso essere felice se scelgo di vivere questi turbamenti?
  • Voglio essere santo? Si, no: perché?
  • Cosa faccio o non faccio per esserlo?
D. Domenico