Amare è l'unico verbo che al presente indica una promessa futura. Io ti amo significa che domani ti amerò come oggi, perché l'amore non può finire, altrimenti non è stato vero amore bensì semplice affetto. Lo si dice anche nella formula di unione matrimoniale: "prometto di amarti tutti i giorni della mia vita". Questo amore ha due caratteristiche: l'eternità e l'esclusività: quanto alla prima, prometto che ti amerò qualunque cosa accada, non smetterò mai di farlo; quanto alla seconda, invece, è un amore esclusivo perché non posso amare allo stesso modo un'altra persona ad eccezione dei frutti di quell'amore, ovvero i figli.
Poi c'è l'amore per Dio. Questo è eterno, ma inclusivo. Lo dice direttamente Gesù in Mt 23,34-40, quando afferma che il più grande comandamento (ovvero l'unica cosa che ci tiene vicini a Dio) è: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Il verbo amare è al futuro: Dio va amato oggi e sempre, anche quando si presenteranno occasioni in cui voglio essere lasciato solo, quando sto vivendo una situazione in cui sperimento il silenzio e un apparente allontamento di Dio.
Questa tipologia di amore deve coinvolgere la nostra totalità:
- tutto il cuore, ovvero tutti i nostri sentimenti devono essere vagliati dall'amore di Dio: non posso provare sentimenti che Dio, che è Amore, non proverebbe mai!
- tutta l'anima, cioè tutto ciò che ti muove e ti motiva a operare sia solo per amore e tenga conto di Dio;
- tutta la mente, dunque l'amore non può restare solo sentimento irrazionale, ma devo anche ingegnarmi sul bene da fare, devo saper riconoscere come il mio operato possa aiutare il mio prossimo e tutelarne la libertà e la vita: il sapere, la scienza, la politica... o sono finalizzate al bene dell'umanità o altrimenti nuocciono, distruggono la vita anziché preservarla.
Se so amare in questo modo, rispetterò di conseguenza anche il secondo comandamento più importante per Gesù: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Dio non è geloso, non ruba il cuore, ma lo dilata permettendoci di amare di più e più persone (marito, moglie, figli, parenti, poveri, ammalati, amici, nemici...).
Non basta conoscere la Scrittura e tutto quello che richiede: se non so amare Dio e il prossimo con tutto me stesso, quei precetti sono completamente inutili e sterili. Divento, quindi, falso come i farisei.
- "Faccio" oppure "vivo" ciò che la fede mi chiede?
- Amo Dio? Quando? Perché?
- Ho sentimenti non conformi all'amore e al pensiero di Dio?
- Nell'amare il prossimo (amicizia, famiglia, lavoro...) sono inclusivo o esclusivo?
- Quando compio il bene o provo il bene per il mio prossimo, da cosa sono spinto: vanagloria, superstizione, buonismo, abitudine, dovere, amore...?
- La mia intelligenza, il mio sapere e le mie competenze le uso per il bene dell'uomo e per onorare Dio? O hanno un fine diverso?
- Ho mai impiegato la mia intelligenza per operare il male?
- Amare il prossimo come se stessi: mi amo?
- Nell'amare c'è qualcosa che mi trattiene? Cosa? Perché?
- Chi è il mio prossimo?
- Come posso impiegarmi socialmente perché il bene e la vita altrui vengano tutelati?
d. Domenico