Come posso dire di aver incontrato Gesù se poi la mia vita resta sempre uguale? Non mi impegno mai a evitare i miei errori?
Perché restare sul sicomoro delle nostre (false) certezze (ovvero quei peccati che mi allontano da Dio) guardando il Signore da lontano, tra i rami, e non scendere invece per fare un'autentica esperienza di Gesù?
Zaccheo cercava di vedere Gesù (cf Lc 19,1-10) e faceva di tutto, ben sapendo che era un gran peccatore, ma nel suo cuore aveva il desiderio di cambiare. Gesù si accorge di questo, vede il suo cuore e gli fa sperimentare la grande gioia che attende chiunque vorrà farlo entrare in casa propria... nella propria vita. Zaccheo, benché peccatore, si sente guardato e amato da Gesù e di questo sguardo non ne può più fare a meno, capisce che qualcosa di nuovo deve avvenire. Così accoglie l'invito di Gesù a scendere dall'albero, a smettere di farsi ostacolare dai "rami" che gli impediscono di vederlo da vicino.
Se io veramente sto cercando il Signore, e voglio vivere con Lui e di Lui, devo poter sentire dentro di me il desiderio di un cambiamento da mettere in atto: un atteggiamento da modificare, un'abitudine da dimenticare, un rancore da cancellare, un linguaggio da correggere… se non sento questo bisogno vuol dire che non sto cercando Dio, ma altro.
Se non c'è cambiamento, vuol dire che preferisco guardare Gesù da lontano anziché viverlo, e che preferisco farmi solleticare dalla gioia anziché farmi invadere da essa.
Se non c'è cambiamento, vuol dire che preferisco guardare Gesù da lontano anziché viverlo, e che preferisco farmi solleticare dalla gioia anziché farmi invadere da essa.
- Cosa sono disposto a cambiare per Dio nella mia vita?
- Cosa sto realmente cercando nella mia vita?
- Voglio restare a guardare Dio con distacco, o farne concreta esperienza? Voglio scendere da quei "rami" che ostacolano il mio incontro con Gesù?
d. Domenico