domenica 31 dicembre 2017

"Valore Assoluto"


Oggi è la festa della Santa Famiglia, quella di Gesù, Giuseppe e Maria. Essa è santa perché ha saputo accogliere il Santo, Dio, mettendolo al centro. Chissà, forse già a quel tempo Maria e Giuseppe cantavano:

«Ti affido il mio presente
e li relativo vuoto:
sei Tu il mio vero e unico
Valore Assoluto»

Per vivere bene non basta avere dei valori in cui credere. I valori aiutano a vivere, ma non tutto ciò in cui si credere è un vero valore. I veri valori creano legami forti e gioia autentica e duratura. Il valore è ciò per cui vale la pena spendere la propria vita, perché la riempie di senso e la eleva! Dio, allora, non può essere solo un valore tra tanti, ma deve essere un valore assoluto!

La famiglia di Maria e Giuseppe è santa perché ha saputo accogliere Gesù, il Dio fatto uomo. Tutto è stato rapportato alla Sua volontà, realizzando così il significato di "santo" = distinto, separato dal mondo.

Ogni volta che si accoglie Gesù si diventa santi e c’è famiglia... l'unica famiglia, quella vera! Non può esistere una famiglia che non abbia Dio come riferimento, come sigillo! Senza Dio possono esistere unioni, legami, ma non famiglie. La famiglia non è un legame solo affettivo, ma anche divino! Senza Dio al centro dei rapporti questi sono destinati, presto o tardi, al declino.

Quante unioni sentimentali o sessuali cercano di affermare di essere famiglia e alla prima difficoltà si sciolgono... Dio non abbandona mai, perché Dio è assoluto! Senza Dio tutto è relativo.
Quante famiglie si dicono cristiane e vivono in modo distante da Dio, contrario alla Sua volontà, mettendo al centro falsi valori dimenticando l'unico valore assoluto...

Una famiglia che accoglie e vive Dio saprà superare ogni difficoltà umana, perché quest'ultima risulterà sempre relativa rispetto a Dio.
  • Quanto vale per me Dio? 
  • Su cosa ho fondato la mia vita? Successo, carriera, denaro, particolari persone, prestigio...?
  • Chi/cosa è il mio valore assoluto?
  • Quanto Dio c'è al centro della mia famiglia?

d. Domenico



domenica 24 dicembre 2017

Cielo chiama Terra


A Natale Cielo chiama Terra. Terra risponde?

In che modo il Cielo comunica con la Terra? Attraverso Gesù. Dio parla all'uomo in diversi modi, ma da sempre ha prediletto la forma più umana di tutte: l'amore. Dio vuole donare amore all'uomo e perché l'uomo si sentisse amato ha mandato un bimbo, il Bambino atteso da secoli, a comunicarcelo.

Quando il Signore decide di comunicare con noi, non si ferma al primo tentativo, al primo mezzo di comunicazione. Dopo aver usato la Parola, Dio per comunicarci che ci ama usa se stesso, in modalità "baby". Forse per suscitare in noi la tenerezza... Sì, perché il Bambinello non è solo un simbolo (ovvero qualcosa di astratto che rimanda a un'idea), ma un segno (tangibile e concreto) d'amore!

In fondo, un bambino che nasce è in sé segno di amore e di qualcuno che si è amato. Comunicare significa condividere. La nascita di Gesù è condivisione di amore, affinché di questo amore ne facciamo esperienza e, a nostra volta, lo comunichiamo ad altri. Questo è il senso del Natale! Se Dio si è fatto uomo, vuol dire che è l'uomo il "luogo" in cui trovarlo. È stando con gli uomini deboli e decidendo di schierarci con chi ha bisogno che impareremo a vedere il Suo volto. Dio si è fatto uomo, non animale, o pianta, o altro... Uomo!

Il famoso spot in cui si dice che a Natale dobbiamo essere più buoni ignora che quel Bambino dopo che è nato resta con noi, quindi va amato sempre e quell'esperienza d'amore va condivisa ogni giorno... altrimenti ci siamo solo presi in giro.

Il Signore ci ha donato un Bambino come segno del suo amore, non un pupazzo. È una cosa seria! Dio ha fatto sul serio con noi perché ci ha ritenuti degni. È arrivato il momento di contraccambiare "la stima"...

Il Cielo chiama la Terra... ma la Terra come ha deciso di rispondere?

Che la luce di questo Natale illumini la tua mente sulla strada da far percorrere alla tua vita!
Auguri... con Amore!
d. Domenico

venerdì 22 dicembre 2017

Le acque si stanno rompendo


Quanta sicurezza mi trasmette il Vangelo dell'annunciazione della nascita di Gesù (Lc 1, 26-38)! Mi fa riflettere su tre cose:

1. "Non temere": l'angelo chiede a Maria di fidarsi di Dio, anche quando sembra tutto così strano e contorto e diventa lecito dubitare. È proprio in quel momento che bisogna restare saldi e pregare. Dio ascolta la tua preghiera, e se ti sembra che non lo stia facendo è perché ha una volontà più bella e grandiosa per te. Tu devi solo fidarti, perché Lui sa di cosa hai realmente bisogno e se ha detto che non sei solo e che sarai felice, Egli esaudisce sempre le sue promesse...

2. "Avvenga secondo la tua parola": Maria mi insegna l'umiltà con la quale bisogna ascoltare la parola di chi ci parla a nome di Dio, anche quando non ci piace o appare scomoda. Spesso la volontà di Dio non è la mia e si presenta spesso in modo ambiguo e da non crederci! Tuttavia l'atto di fede è proprio qui! Dovrei fidarmi di più e lasciarLo operare più liberamente. Quante volte anteponiamo i nostri capricci, timori, ambizioni... a Dio! Pur, magari, dicendoci persone di Chiesa, uomini di fede...

3. "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio": quante volte ho cercato di spiegare Dio in modo razionale... proprio Lui che opera con altre modalità! Quante volte prendo in giro Dio solo perché non ne avverto la presenza e quindi mi pare lecito deridere la possibilità che Egli mi salvi! Poi bisogna capire da cosa mi salva... dalla fine del mondo? Maria è beata perché accogliendo il Signore ha salvato la sua vita. 

La salvezza sta nel fare spazio a Dio nella propria esistenza, vivere una vita che affidandosi a Dio riscopra il significato dell'umiltà e della semplicità. Una vita che non sia attaccata agli onori e ai prestigi, ai fasti e alle cose tangibili e razionali. Dio, sotto forma di Spirito Santo, chiede che io lo accolga in me per generare l'Uomo. Poi sarà Lui ad alimentare ogni parte di me. Ma devo abbandonarmi a Lui!

Facile beffarsi delle cose "impossibili", ma poi quando si realizzano siamo tutti spinti a gridare al miracolo... compiuto, poi, da chi se non vogliamo credere in Colui che solo può compierli?

Le acque si stanno rompendo. A differenza di Mosè che divise in due il Mar Rosso per farci passare il popolo e condurlo al sicuro lasciando fuori gli increduli, questa volta è il Signore che apre le acque della vita e vuole stare con gli increduli, perché credano e siano salvati. Ma perché questo accada dobbiamo scegliere di accoglierlo, altrimenti saremo rei di aborto!

Prepariamoci a farlo entrare nella nostra vita! Prepariamogli una culla nel nostro cuore. Almeno da quest'anno diamo a Dio la possibilità di vedere che non siamo poi così indegni di quanto abbiamo ricevuto... gratis!
d. Domenico



domenica 17 dicembre 2017

The Voice... of God!


Perché una canzone sia davvero bella, deve essere ben interpretata da chi la canta. Interpretare significa fare propria una canzone, un testo, ed esprimerlo con tutta la passione. Chi ascolta arriverà a identificare quella canzone col cantante. Ma in realtà egli è solo voce di quella canzone, non la canzone stessa.  

Un appassionato professore che insegna Storia sarà identificato dai suoi studenti come la Storia, tanto da credere che quel docente nella sua vita faccia solo quello. 

Idem per un musicista: egli permette alla musica di prendere vita, ma non è lui stesso musica. Egli riproduce la musica scritta su uno spartito che altrimenti resterebbe muta se non ci fosse un appassionato a darle "voce". 

Questo deve essere accaduto al profeta Giovanni il Battista, così appassionato di Dio da aver maturato intimamente la consapevolezza che il Messia era prossimo alla venuta, ed esortava tutti a prepararsi. Deve essere risultato talmente convincente quando parlava di Dio e del Cristo, che molti credevano fosse lui il Messia, ma egli si è sempre definito voce: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparatevi!» (cfr Gv 1, 6-8.19-28). 

Giovanni grida nel deserto dei nostri cuori ormai troppo pieni di distrazioni per accorgersi che Gesù sta arrivando e invita a prepararci per fare una bella esperienza del Natale, per evitare che anche quest'anno passi come un giorno qualunque, presi dalle nostre distrazioni, dalle false priorità e dalle perdite di tempo...

Giovanni ci presenta Gesù perché, facendone esperienza, sappiamo farci a nostra volta voce per chi ancora non Lo ha incontrato. Il nostro Battesimo non è solo inizio alla vita cristiana, ma ci rende concorrenti della missione: diventare annunciatori, ovvero voci, di Cristo. Non saremo mai noi stessi Gesù, ma sarà bello permettergli di parlare attraverso la nostra voce. Sarà incredibile poter essere la sua The Voice!
  • Cosa mi appassiona davvero? Per cosa/chi non vedo l'ora di spendermi?
  • Quanta esperienza di Gesù faccio? Mi accontento della Messa (spesso una tantum) oppure cerco anche esperienze più profonde di fede magari con gruppi di preghiera e/o di confronto?
  • Quando parlo, quanto Dio e quanta fede c'è nelle mie parole? E nella mia vita?
d. Domenico





domenica 10 dicembre 2017

Impresa di pulizie



La seconda domenica di Avvento mi fa sempre pensare a mia madre e alla sua mania per l'ordine e per il pulito: quando ero più piccolo ero quasi ossessionato dalla sua voce per casa che metteva fermento e invitava a essere sempre pronti per qualche visita improvvisa. Benché non venisse mai nessuno a trovarci, lei come il profeta Isaia (cfr. Is 40,1-5.9-11) diceva di tenere sempre tutto pulito e in ordine.

Un senso di attesa, il suo, che ricorda quello della lettera di Pietro (cfr. 2Pt 3,8-14) in cui si dice che il tempo che ci viene dato non deve essere preso come una lentezza di intervento del Signore, ma tempo proficuo per convertirsi e farsi trovare pronti, perché Egli "verrà come un ladro", non avviserà, e premierà coloro che si sono preparati e hanno saputo accoglierlo al meglio!

In effetti, alla fine arrivava qualche visita inaspettata. La mia meraviglia era nel poter accogliere quella persona in un ambiente già ordinato, pulito e profumato, tanto da trasmettere all'ospite un senso di piacere e la sua permanenza si prolungava per l'agio che ne traeva. 

Da qui ho imparato cosa significa davvero attendere il Signore: non sappiamo quando verrà, ma non possiamo prepararci solo quando arriverà, perché non ne avremo il tempo! Il cuore va pulito e riparato ogni giorno, va allargato e reso accogliente meditando e applicando ogni giorno la Sua Parola. Il resto è opportunismo di cui il Signore terrà conto. Non si può pensare di fare tutti i propri comodi e poi, se e quando avanzerà del tempo, dedicarlo a Dio. Non è forse vero che per le persone/cose che riteniamo importanti sappiamo trovare tutto il tempo?

  • Come mi sto preparando al Natale?
  • Di quali pulizie ha bisogno il mio cuore?
  • In cosa ho bisogno di fare ordine?
  • Se Dio venisse in questo momento, di cosa mi vergognerei della mia (condotta di) vita?
  • Quali sono le priorità della mia vita? Dio a che posto si trova?
d. Domenico



venerdì 8 dicembre 2017

“Dove sei?”



Maria è Immacolata, cioè senza macchia, perché ascoltando sempre Dio non ha mai permesso al peccato di scalfirla, di macchiare il velo bianco della sua purezza.
Pecca chi non sa/vuole fidarsi di Dio... e quindi si nasconde nel peccato come succede ad Adamo. 

Nella prima lettura (Gen 3,9-15.20) Dio chiede all’uomo “Dove sei?”, lo invita a fare verità su se stesso. Gli domanda se sa riconoscere dove lo sta portando la sua condizione umana: se si sta abbandonando ai peccati o si sta sforzando sinceramente a vivere secondo Dio. La prima donna ha tradito il progetto di Dio, quindi Dio ha deciso attraverso Maria (nuova Eva) di riprovarci, di dare alla condizione umana una nuova connotazione, nuova esistenza. 

E nel Vangelo (Lc 1,26-38) leggiamo che Dio entra nella vita dell’uomo non per impaurirlo, appesantirlo o sottometterlo, ma perché sia felice: “Rallegrati... perché il Signore è con te”. Basta questa consapevolezza per essere felici, basta avere il Signore per avere Vita. E non bisogna temere/dubitare mai di questa Presenza. Ma soprattutto bisogna saperla accogliere senza se e senza ma

Maria, donna nuova, è donna di accoglienza perché ha saputo arrendersi a Dio, ha fatto di Lui il centro della sua vita: “Ecco la serva... avvenga...”

Maria ci insegna che se nella nostra vita tutto sta andando a rotoli, se le certezze iniziano a vacillare, se l’insoddisfazione avanza, allora dobbiamo chiederci:
  • Dove sono nel mio cammino di fede? 
  • Su chi/cosa sto fondando la mia vita? 
  • A chi sto dando la mia fiducia? 
  • Quanto mi arrendo davvero alla volontà di Dio? 
  • Quanto gli permetto di sconvolgere la mia vita?
Solo così anche io potrò essere pieno di quella Grazia che ha riempito la Vergine Immacolata.

d. Domenico



domenica 3 dicembre 2017

“Chi dorme non piglia Cristo”


L’anno liturgico scandisce i tempi del vivere la vita cristiana. Oggi inizia un nuovo anno liturgico, preparandoci a vivere il momento dal quale tutte le feste e i momenti cristiani prendono senso: il Natale. Con l’Avvento si apre a noi un cammino verso la grotta di Betlemme dove Gesù verrà a nascere, sia che ci siamo preparati bene, sia che ci siamo preparati male.

Ci viene donato un tempo di quattro settimane per svegliarci dal sonno accumulato durante il precedente anno, un sonno fatto di vizi, distrazioni, opportunismi, disinteresse, mancanze, menzogne, interessi economici, estetismi, ecc. Oggi nel Vangelo Gesù ci esorta a vegliare (Mc 13,33-37), a stare attenti, ad aprire gli occhi per intraprendere un cammino affinché sia proficuo e bello, affinchè arriviamo a destinazione con occhi capaci di vedere ciò che succede davvero a Natale e saper riconoscere Chi nasce, e perché ha deciso di farlo. 

In questo tempo non dobbiamo contemplare e riflettere solo sulla venuta storica di Gesù avvenuta 2000 anni fa, nè soltanto sulla Sua venuta gloriosa che avverrà alla fine dei tempi, ma sulla Sua venuta quotidiana. Il Signore ogni giorno vuol servirsi di ciascuno per entrare nel mondo e venire a visitarci e a comunicarci il Suo amore per ognuno di noi. I cristiani hanno il dovere di aprire questa strada a Dio perché entri nella storia presente e di gettare le buone basi per la vita futura.

Se abbiamo scelto di restare a dormire e di non vegliare, perdiamo due opportunità: diventare santi e santificare il mondo. Come si può notare, a nessuno giova dormire. È sempre vero il vecchio detto “chi dorme non piglia pesci”. In fondo, come si può dormire sapendo che sta per arrivare un ospite importante? Noi potremmo dire che “chi dorme non piglia Cristo”, dal momento che Gesù viene per incontrarci e noi possiamo scegliere di rimanere indifferenti ed evitarlo vivendo anche questo Natale in modo pagano. Quindi c’è da chiedersi: 


  • Quanto è importante per me il Signore? Lo voglio incontrare?
  • Come mi sto preparando per la Sua venuta? Come voglio vivere questo Natale?
  • Come permetto a Dio di venire ogni giorno nel mondo?

d. Domenico


venerdì 24 novembre 2017

Il re per te...


«Signore, quando ti abbiamo visto?»

La domanda torna due volte in questa pericope del Vangelo di Matteo (25,31-46). Gesù risponde che in presenza di un affamato, di un carcerato, di un bisognoso, Lui era lì. Chi l'ha saputo riconoscere e lo ha soccorso, è una vera pecora, perché davvero attento alla Parola, ha veramente Cristo al centro del cuore e lo sta seriamente seguendo. Altrimenti, chi non ha saputo riconoscere Cristo nei bisognosi, vuol dire che al centro del proprio cuore ha altro. 

In questa solennità di Cristo re dell'Universo riconosciamo che Gesù deve governare su tutto e ha tutti i simboli regali: 

ha ricevuto la corona di gloria (quella  di spine che rivela tutto il suo grande amore per noi che gli dà forza per sopportare tutte le sofferenze e le offese, questo fa di Lui un uomo potente).

Come tutti i re, Cristo ha per scettro la croce (come lo scettro serve per indicare la strada, per radunare le persone, così la sua croce ci unisce tutti insieme ai suoi piedi per lasciarci riempire dai suoi insegnamenti e camminare per la giusta strada).

Infine, il trono di Cristo re è il nostro cuore. Ogni volta che agiamo secondo la Sua volontà produciamo tre effetti: lasciamo che sia Gesù a occupare il nostro cuore, e non altri "re"; attraverso le nostre azioni rendiamo visibile al prossimo chi è l'unico meritevole di fiducia e di onore; possiamo essere credibili al punto da allargare il Suo regno e permettere a Cristo di regnare in altri cuori fino a conquistare l'intero universo.

«Tutto quello che (non) avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, 
(non) lo avete fatto a me»

È come se il Signore alla fine di questo anno liturgico ci invitasse a fare un esame di coscienza di tutto quello che abbiamo fatto e di ciò che avremmo potuto fare... e da quest'ultimo ripartire. È come se Cristo ci chiedesse: chi ha governato il tuo cuore in questo periodo? Chi vuoi che lo governi in futuro?

Tante possono essere le signorie che rischiano di detronizzare Cristo dal nostro cuore, sono le tentazioni: l'uso smodato della tecnologia, i discorsi frivoli, il carrierismo, la disonestà per aumentare il guadagno, il corpo eccessivamente curato, l'uso irrispettoso del corpo, i risentimenti nei confronti di qualcuno o di una categoria di persone, la supremazia assoluta della ragione, la gelosia, l'inganno, il pettegolezzo, la menzogna, ecc.

Amare Dio significa amare gli altri. Dio non lo possiamo vedere, ma lo possiamo sperimentare nelle persone che ci mette accanto che non possiamo mettere da parte ma, anzi, ricentrare. 

  • Desidero vedere il Signore?
  • Chi/cosa è al centro del mio cuore? Chi è il re della mia vita?
  • Che posto ha il prossimo nella mia vita?

d. Domenico




sabato 18 novembre 2017

"Oh Vita!"


«Come posso io non celebrarti, Vita?» 

Ogni volta che sento questo ritornello mi chiedo: cosa fare per celebrare la vita, per ringraziare di quanto mi ha dato e renderla sempre degna di memoria? La risposta mi arriva dal Vangelo dei talenti (Mt 25,14-30).

Quando l'evangelista Matteo parla di talenti, parla di opportunità di amore che Dio ci dà. Egli mette in noi il seme dell'amore e la vita è tutta un'occasione perché questo cresca e si moltiplichi... ciascuno con le proprie capacità e secondo le proprie forze. Non esiste una cifra ideale dell'amore. Una cosa è certa: più mi sforzerò di amare (e quindi di vivere secondo Dio), più seminerò amore. 

È bello vedere come l'incontro con l'altro sia un'opportunità che Dio offre a ciascuno affinché quello diventi il "talento" di cui prendersi cura e farlo fiorire. Molto spesso accade che ci siano persone pigre ed egoiste che bruciano la propria vita credendo di avere tanto tempo. Queste domeniche il Signore ci avverte che in realtà non sapremo quando questo tempo finirà, quindi è meglio investire subito, senza indugiare e senza serbare nulla. 

Quanta vita perdiamo a criticare, a odiare, a sospettare, a malignare, a studiare il male da fare piuttosto che il bene, a ingegnare il modo di ingannare qualcuno... Quanta vita impieghiamo per farci belli, per rilassarci, per vivere mondanamente... Quanta vita ci lasciamo sfuggire incollati allo schermo della tv, del cellulare, dei videogames... Questi sono quelli che Gesù nella parabola chiama "servi malvagi (nella vecchia traduzione cattivi, ovvero catturati dal male) e pigri". 

L'amore che il Padre ha riversato in me, deve duplicarsi nella risposta di amore verso i fratelli. Gesù conclude: «a chi ha, verrà dato», cioè a chi ha dato amore, a chi ha speso la propria vita per gli altri, sarà data la vita eterna; mentre chi non avrà dato proprio niente sarà gettato via, perché non è stato in grado di onorare la propria vita, è stato incapace di celebrare la Vita, che è Dio... in noi!

  • Quanto tempo dedico alle cose frivole? Quanto a Dio?
  • Quanto mi dedico agli altri? Come?
  • Come celebro la mia vita? E quella degli altri?

d. Domenico







domenica 12 novembre 2017

Se non mi carico, non valico


Alzi la mano chi, sapendo che deve ricevere una chiamata/messaggio importante, non fa il pieno di ricarica alla batteria del cellulare prima di uscire di casa... nessuno vorrebbe farsi cogliere impreparato o interrompere una chiacchierata sul più bello! Oggi la maggior parte dei rapporti li coltiviamo col telefono, perché ci permette di restare vicini alle persone a noi care. Il guaio arriva quando il telefono non è carico: sentiamo di allontanarci da quelle persone e se non ci aggiorniamo su di loro costantemente, avvertiamo di conoscerle sempre meno fino a non conoscerle più.

Alzi la mano, poi, chi per andare a una festa non si prepara sul festeggiato, sul motivo della festa e quindi sull'abito e sul regalo opportuno da fare... Tutto questo implica un rapporto col festeggiato.

Così avviene con Dio. Un giorno lui verrà per farci entrare nel suo Regno, ma rischiamo di non farci trovare pronti, di non conoscerlo davvero, di non sapere dove andiamo, perché è venuto, ma soprattutto potrebbe passarci davanti e dirci: «io non vi conosco, perché dovreste venire a casa mia». A quel punto sarà tardi per recuperare (cfr Mt 25,1-13).

Questo Vangelo non vuole spaventarci o minacciarci, ma svegliarci, aprirci gli occhi su ciò che c'è da fare! Non basta dire che credo in Gesù se non mi impegno ad approfondire il rapporto con la Sua Parola (ovvero la liturgia delle ore, la lectio divina, il commento a una lettura del Vangelo, i sacramenti...). Per conoscere Dio non basta sapere chi è, ma sentire la sua presenza, conoscere i suoi "pettegolezzi", le sue confidenze, i suoi particolari che ne arricchiscono la conoscenza... come ciò che cogliamo quando messaggiamo continuamente con determinati amici, il che rende quelli, più amici di altri!

Cosa saprei raccontare di Dio per essere convincente? Per raccontare la fede non c'è bisogno della teologia, che invece ci aiuta a non perdere l'oggetto della nostra fede. La fede è un rapporto intimo con Dio che nel tempo ho coltivato. La testimonianza è il racconto appassionato di questo rapporto. In paradiso ci andrà chi ha approfittato del tempo presente per diventare intimo con Lui affinché Egli riconoscendoci permetterà che entriamo... 

In fondo, nessuno di noi farebbe entrare uno sconosciuto in casa propria!

  • Conosco Dio? Cosa conosco di Lui? Come approfondisco il rapporto con Lui?
  • Di cosa riempio la mia vita? È piena di Dio?
  • Che posto ha Dio nella mia vita?
  • Quanto conta il Suo giudizio per me?
  • Come vivo l'attesa del giorno in cui Lui verrà?

d. Domenico

domenica 5 novembre 2017

Amare fa volare



Quando incontro adolescenti invaghiti o innamorati si vede subito: manca poco che stacchino i piedi da terra per lievitare. L’amore alleggerisce la vita. Se fossimo tutti capaci di mettere amore in ogni cosa che facciamo nella nostra vita, vivremmo il Paradiso in terra!

Il Vangelo (Mt 23,1-12) ci invita a riflettere sul ruolo delle guide e dei responsabili (religiosi e civili). Gesù è preoccupato perché tutti sono interessati al potere considerato come dominio e non come servizio; tutti sono attenti a valutare i pregi del proprio ruolo piuttosto che essere testimoni di Dio. Testimoniare Dio, in fondo, significa amare sempre, comunque e chiunque. Può risultare difficile perchè non siamo Dio, ma non è impossibile perchè, essendo Sua immagine e somiglianza, siamo chiamati a imitarlo.

La chiamata al servizio viene sempre da Dio Padre; essere guida di qualcuno non significa essere superiore a lui, ma essergli uguale; Gesù afferma chiaramente: «non fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro maestro, voi siete tutti fratelli». Dio chiede di metterci in ascolto della Sua Parola, imparare l’amore che viene da Lui e donarlo a nostra volta con parole e opere. Solo così vedremo il nostro fratello raggiungere alte vette, umane e spirituali. 

  • Quante volte ho desiderato la santità del mio popolo, della mia parrocchia, della mia famiglia... prego per questo? Come mi impegno nel mio piccolo?
  • Una comunità si santifica con la santità della sua guida, dei sacerdoti, dei politici... quanto prego per loro?
  • Il Signore mi affida un incarico per edificare la Sua comunità: vivo questo incarico come servizio o come potere? Considero le persone che mi affida come Sue o come mie?
  • Sono chiamato a dare testimonianza della mia fede: lo faccio solo a parole facendomi maestro, oppure mi impegno a dare esempio con la mia vita?
  • Per molti, Dio è precetti, regole, peso... Per me cos’è?
  • Riesco a vivere il servizio con umiltà e silenzio, oppure sento il bisogno di sbandierare le mie opere e il mio incarico?
d. Domenico








mercoledì 1 novembre 2017

Fatti santo!



Farsi santo conviene!

Tutti vorremmo la serenità, la pace, il benessere (materiale e spirituale), aspiriamo a una gioia duratura, ecc. Con Gesù niente è impossibile e non c’è spazio per la tristezza. Le vite dei santi ci insegnano che essi non erano mai tristi. In fondo, come esserlo se sei vicino a Dio? Come puoi essere freddo se sei sempre vicino al sole?

Più ci sforziamo di restare vicini al Signore, più probabilità abbiamo di essere invasi da una felicità che non passa velocemente (come quando, invece, accumuliamo beni che ci riempiono la vita per colmare dei vuoti umani, materiali o spirituali).

Le Beatitudini evangeliche (Mt 5,1-12) sono la ricetta per ottenere la felicità: chi vuol essere davvero felice, e in modo duraturo, deve sforzarsi di aspirare alle beatitudini e farsi imitatore dei santi, ovvero di coloro che si sono “distinti” (in ebraico kadosh = santo) da quelli che dicono di credere, ma di fatti non si impegnano. In fondo pensandoci bene Gesù dice:

- “Beati i poveri in spirito”, ma chissà quanto siamo pieni di cose, atteggiamenti o sentimenti mondani che ci tengono lontani da Dio;

- “Beati quelli che sono nel pianto”, quante volte invece non accettiamo la volontà di Dio perché fa soffrire;

- “Beati i miti”, e spesso siamo nervosi, impazienti, lamentosi, intransigenti...;

- “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia”, quante volte invece di attendere la giustizia divina ci facciamo giustizia (umana) da soli, pronti a studiare il modo col quale farla pagare a qualcuno, o reagire in nome dell’ “onore” (quale onore?);

- “Beati i misericordiosi”, cerchiamo spesso il perdono, la comprensione, la compassione altrui, e di Dio, ma siamo sempre poco disposti a concederli;

- “Beati gli operatori di pace”, quante volte invece seminiamo zizzania, non sediamo i litigi, pettegoliamo, inganniamo, mentiamo...;

  • Come posso essere felice se scelgo di vivere questi turbamenti?
  • Voglio essere santo? Si, no: perché?
  • Cosa faccio o non faccio per esserlo?
D. Domenico


domenica 29 ottobre 2017

L'amore è inclusivo



Amare è l'unico verbo che al presente indica una promessa futura. Io ti amo significa che domani ti amerò come oggi, perché l'amore non può finire, altrimenti non è stato vero amore bensì semplice affetto. Lo si dice anche nella formula di unione matrimoniale: "prometto di amarti tutti i giorni della mia vita". Questo amore ha due caratteristiche: l'eternità e l'esclusività: quanto alla prima, prometto che ti amerò qualunque cosa accada, non smetterò mai di farlo; quanto alla seconda, invece, è un amore esclusivo perché non posso amare allo stesso modo un'altra persona ad eccezione dei frutti di quell'amore, ovvero i figli.

Poi c'è l'amore per Dio. Questo è eterno, ma inclusivo. Lo dice direttamente Gesù in Mt 23,34-40, quando afferma che il più grande comandamento (ovvero l'unica cosa che ci tiene vicini a Dio) è: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Il verbo amare è al futuro: Dio va amato oggi e sempre, anche quando si presenteranno occasioni in cui voglio essere lasciato solo, quando sto vivendo una situazione in cui sperimento il silenzio e un apparente allontamento di Dio. 

Questa tipologia di amore deve coinvolgere la nostra totalità: 
- tutto il cuore, ovvero tutti i nostri sentimenti devono essere vagliati dall'amore di Dio: non posso provare sentimenti che Dio, che è Amore, non proverebbe mai! 
- tutta l'anima, cioè tutto ciò che ti muove e ti motiva a operare sia solo per amore e tenga conto di Dio;
- tutta la mente, dunque l'amore non può restare solo sentimento irrazionale, ma devo anche ingegnarmi sul bene da fare, devo saper riconoscere come il mio operato possa aiutare il mio prossimo e tutelarne la libertà e la vita: il sapere, la scienza, la politica... o sono finalizzate al bene dell'umanità o altrimenti nuocciono, distruggono la vita anziché preservarla.

Se so amare in questo modo, rispetterò di conseguenza anche il secondo comandamento più importante per Gesù: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Dio non è geloso, non ruba il cuore, ma lo dilata permettendoci di amare di più e più persone (marito, moglie, figli, parenti, poveri, ammalati, amici, nemici...).

Non basta conoscere la Scrittura e tutto quello che richiede: se non so amare Dio e il prossimo con tutto me stesso, quei precetti sono completamente inutili e sterili. Divento, quindi, falso come i farisei.

  • "Faccio" oppure "vivo" ciò che la fede mi chiede?
  • Amo Dio? Quando? Perché?
  • Ho sentimenti non conformi all'amore e al pensiero di Dio?
  • Nell'amare il prossimo (amicizia, famiglia, lavoro...) sono inclusivo o esclusivo?
  • Quando compio il bene o provo il bene per il mio prossimo, da cosa sono spinto: vanagloria, superstizione, buonismo, abitudine, dovere, amore...?
  • La mia intelligenza, il mio sapere e le mie competenze le uso per il bene dell'uomo e per onorare Dio? O hanno un fine diverso?
  • Ho mai impiegato la mia intelligenza per operare il male?
  • Amare il prossimo come se stessi: mi amo?
  • Nell'amare c'è qualcosa che mi trattiene? Cosa? Perché?
  • Chi è il mio prossimo?
  • Come posso impiegarmi socialmente perché il bene e la vita altrui vengano tutelati? 

d. Domenico


sabato 21 ottobre 2017

Cesare impone, Dio propone



Il rischio di chi dice di aver fede è quello di recitare una parte, di recitare... in questo caso potrebbe pensare a una carriera da attore, che curiosamente nell'antica Grecia veniva designato col termine tecnico: hypokritḗs, ipocrita. Quindi spesso noi credenti corriamo il pericolo di recitare la parte dei fedeli senza esserlo veramente; diciamo di essere a immagine di Dio, ma non vogliamo somigliargli proprio... perché spesso ci fa comodo!

Nel Vangelo (Mt 22, 15-21) i farisei (che Gesù chiama ipocriti) cercano di ingannare il Signore chiedendogli se è giusto pagare il tributo a Cesare. Stanno recitando la parte degli ignoranti, perché in realtà sanno qual è la risposta esatta, ma lo tentano affinché Gesù si macchi di qualche reato per farlo arrestare. In effetti ogni risposta sarebbe stata condannabile. Ma Gesù (è il caso di dirlo) ne sa sempre una più del diavolo e la sua risposta è disarmante: date a Cesare ciò che è suo, a Dio ciò che è divino.

Cristo sposta l'ago della bilancia sul rapporto con Dio. La moneta rappresenta l'effige di Cesare, quindi è sua. L'uomo è immagine e somiglianza di Dio, quindi appartiene a Dio. Gesù sta dicendo che i due piani (politico e religioso) sono distinti e non possono essere confusi. La politica serve a gestire le cose del mondo, la fede serve per formare le coscienze degli uomini affinché il mondo venga gestito bene e per il bene di tutti!

Se siamo immagine di Dio, allora, si impone un obbligo: non possiamo sottovalutarci, non possiamo ritenere che la nostra vita non valga nulla! Quante volte ci scoraggiamo perché non riusciamo nelle cose del mondo e dimentichiamo quanto valiamo per Dio! Quante volte la vita viene mercificata o abbassata a scambi di favori... I tanti omicidi di cui sentiamo notizia ci devono far riflettere su come la vita umana sia valutata meno di una cosa! Il potere del mondo non può prevalere sul potere di Dio, perché è Dio che dà potere agli uomini e ad essi prima o poi chiederà conto!

Dobbiamo ricordare sempre che: Cesare impone, Dio propone. In altri termini, le cose del mondo ci rendono schiavi affinché giri l'economia, veniamo distratti dai reali problemi, non ci curiamo della realtà che ci scorre intorno, ecc. La fede, invece, non fa altro che risvegliare le nostre coscienze e renderci liberi di pensare, di amare, di agire secondo il bene, di riconoscere e aiutare chi è nel bisogno, di mettere ordine nella nostra vita stabilendo le giuste priorità...

Dio non opprime, ma ci aiuta a restare liberi, a essere noi stessi, pienamente umani, a pensare con la nostra testa (piuttosto che con quella delle informazioni distorte, o delle notizie politiche che impongono un certo modo di vedere le cose). Egli ci ricorda che il potere temporale non è un diritto, ma un dovere, un servizio per l'umanità, affidato da Dio all'uomo... per il bene di ogni essere umano.


  • Sono sempre pronto a giudicare gli altri, ma so riconoscere l'ipocrisia della mia vita spirituale?
  • Strumentalizzo la Parola di Dio? Quante volte mi accomodo su affermazioni evangeliche per togliermi ogni responsabilità sulle decisioni che prendo?
  • Chissà quante volte ho preferito il potere mondano a quello di Dio... Quando?
  • Chissà quante volte ho preferito le cose del mondo a Dio... Perché?
  • Quante volte ho usato Dio per i miei scopi?
  • Prendo in giro in modo pesante? 
  • Mi sottovaluto? Ho mai sottovalutato qualcuno?
  • Mi sono mai servito in modo subdolo di qualcuno?
  • Mi sono mai asservito al potere temporale piuttosto che alla volontà di Dio? Quando?
d. Domenico


domenica 15 ottobre 2017

Anche Dio ha paura



Spesso ci interroghiamo sul perché Dio ama tutti, buoni e cattivi. La risposta è semplice: Dio ha paura di rimanere solo! Questo spiega il mistero della Trinità (Dio non è solo Padre, ma anche Figlio e Spirito Santo e vivono insieme uno nell’altro), ma spiega anche perchè Dio ha creato l’uomo dandogli il comando di moltiplicarsi.

Esempio evidente della paura di solitudine di Dio è nella parabola che Gesù racconta (Mt 22, 1-14): un re invita al banchetto di nozze alcuni che però non si presentano, allora invita a partecipare chiunque trova per strada. Al Signore non importa essere circondato solo da una élite di presunti fedeli (come lo erano i giudei), per Lui tutti sono suoi figli, tutti hanno diritto di gioire con Lui, perchè Egli è padre di tutti! Dio è accogliente con tutti, noi spesso, invece, facciamo una cernita di chi accogliere (simpatia, razza, cultura, ceto sociale, potere...)

Un’altra caratteristica del Signore è la generosità. Il banchetto che il re offre è ricco di ogni bene e per di più (poichè ci tiene che gli invitati si preparino al meglio per la festa) fornisce l’abito a ciascuno (come era antica abitudine dei popoli orientali). Ora, si presenta un invitato che crede di poter approfittare della bontà del re, ignorando la Sua volontà, rifiutando la Sua generosità, anteponendo la propria volontà evitando di prepararsi per la festa. Dio accoglie tutti, ma c’è bisogno che ci prepariamo per essere accolti. Molti si dicono cristiani, ma non si preparano ad esserlo davvero (soltanto i sacramenti, usano un linguaggio per nulla cristiano, agiscono come persone non credenti...): tradiscono (= consegnano nelle mani del Nemico) la candida veste ricevuta col Battesimo.

L’abito della festa è simbolo della conversione: non posso dirmi cristiano se non mi impegno a cambiare condotta di vita, se non accolgo Dio nella mia esistenza e non mi sforzo di fare la Sua volontà. Dio mi chiama continuamente a fare festa con Lui, ma il mio rischio è quello di non curarmi di Lui, di farlo parlare preferendo di lasciarmi distrarre dalle cose quotidiane, dagli esempi anticristiani apparentemente più interessanti, ma sicuramente più amari e vuoti.

  • So essere accogliente? Come? Con chi?
  • Dio mi chiama a far festa con Lui... accetto o mi distraggo con altro/altri? Con cosa/chi?
  • Il Signore mi offre l’abito, l’opportunità di cambiare vita: io che faccio?
  • Dio non vuole un’élite di fedeli. Io mi sento privilegiato e giusto, o mi riconosco bisognoso della Sua misericordia?
d. Domenico


sabato 7 ottobre 2017

Dio vuol curarsi di noi

«Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna» (Is 5,1).
Noi siamo la vigna del Signore e Lui vuole cantare l'amore per noi. Dio è così innamorato dell'uomo che vuole il meglio per lui, ma noi siamo sempre pronti a tradirlo col nostro peccato.

Dio fin dall'inizio ha voluto un mondo bello, riflesso della sua gloria; ma noi ne abbiamo fatto un mondo brutto, pieno di violenza, di sopraffazione, di invidia, di omicidi... Dio ci ha consegnato la sua vigna, ma non ne sappiamo avere cura, anzi quando manda qualcuno affinché possiamo ravvederci e migliorarci, noi non ne teniamo conto e magari lo beffeggiamo.

La sua vigna siamo noi che non sappiamo prenderci cura di noi stessi: soprusi, inganni, maldicenze, mancanze di rispetto... non sono i frutti che il Signore desiderava dalla e per la sua vigna. Eppure è ciò che regna sovrano nella società di oggi. Allora manda i profeti (coloro che ancora sanno ascoltare Dio) affinché ci aiutino a correggerci. Ma la nostra coscienza, troppo assopita, non vede il bene che Dio vuole ancora compiere per noi e ogni parola che ci viene rivolta è vista come un rimprovero, un moralismo che vuole condannare, il Dio giudice che ci vuole ammazzare. Ma Dio ci ama e cerca sempre di sussurrarcelo; vuole il meglio per noi e cerca di farci evitare gli sbagli.

Quante volte deridiamo gli uomini di Dio, quante volte li allontaniamo perché scuotono le nostre coscienze che, mezze morte, preferiscono continuare a percorrere la via dell'errore! Eppure Dio è lì, pronto a rialzarci quando cadiamo, pronto a ridonarci la dignità che perdiamo col peccato, perché ogni caduta produce una ferita, ogni ferita diventa una cicatrice, e ogni cicatrice ci fa diventare più forti e ci ricorda cosa evitare per non sbagliare di nuovo. 

Non sempre il rifiuto è una perdita: se il figlio mandato dal padrone della vigna non fosse morto, il padrone non avrebbe potuto insegnare ai suoi contadini (Mt 21, 33-43); se Gesù non fosse stato messo a morte in croce, Dio non avrebbe potuto rivelare la sua potenza d'amore... Così noi ogni volta che cadiamo possiamo sentire Dio vicino: se ci apriamo a Lui sapremo fare del nostro errore un insegnamento di vita, un'opportunità di crescita e giungere alla piena umanità a cui il Signore vuole condurci. Solo così ogni uomo può portare un buon frutto e la sua vigna potrà essere più bella.


  • Ho mai rifiutato Dio?
  • Quanto è presente Dio nelle mie scelte, nei miei pensieri, nelle mie parole...?
  • Mi sento amato da Dio?
  • Mi apro a Dio? Mi lascio curare da Lui?
  • Tante volte preferisco mettere da parte Dio e agire senza coscienza: quanto? quando?
d. Domenico






sabato 30 settembre 2017

Schizocardia: la malattia dei bugiardi




Siamo tutti un po' affetti da una malattia al cuore ancora sconosciuta alla medicina, ma non a Dio: la schizocardia (schizo, divisione, e cardia, cuore), un cuore diviso. È come se avessimo due cuori, uno che ci dice le cose giuste e uno che ci orienta a scelte sbagliate.

Purtroppo per questa malattia c'è solo una cura: Gesù. È Lui che sa tenere unito il cuore e ci insegna le cose giuste da scegliere. Spesso, invece, vogliamo fare di testa nostra credendo che quella sola basti. Ci ritroviamo, così, a dire una cosa e a fare la cosa esattamente opposta. In altri termini siamo incoerenti. Questo significa che manca il principio che anima le nostre scelte, che aiuta a valutare il bene da fare e il male da evitare...

La schizocardia si manifesta soprattutto con le bugie, come capita a uno dei figli che il padrone chiama a lavorare nella sua vigna (cf. Mt 21,28-32): uno dice sinceramente che non ne ha voglia, ma poi si pente e ci va; l'altro mente dicendo "sì, signore", ma poi non ci va. 

Siamo tutti d'accordo che a fare la volontà del padre sia stato il primo, il quale ha preferito la via della verità. La verità non porta mai sulla cattiva strada. Il primo figlio sin dall'inizio esprime il suo dissenso, perché vuole davvero bene al padre e decide di essergli leale... è proprio quel bene autentico che lo spinge a capire che sta sbagliando e quindi a comprendere come correggersi.

Il secondo figlio non vuole veramente bene al padre, ma pur di apparire bravo gli mente. Il suo errore sarà incorreggibile, perché la sua menzogna non gli permette di riconoscere in cosa ha sbagliato e preferendo la bugia, continua a dire e non fare la volontà del padre.

Così è per me ogni volta che dico di essere cristiano ma mi comporto in modo irrispettoso nei confronti dei fratelli e di Dio; oppure quando dico di essere andato a messa ma durante la celebrazione ho fatto tutt'altro che pregare; o quando mi accosto all'eucarestia senza confessarmi da mesi solo per paura di essere criticato dagli altri; o anche quando dopo la cresima pur avendo confermato il mio impegno a essere cristiano, abbandono tutta la vita di fede; o magari quando mi dico cristiano e poi a scuola, a lavoro, in palestra, in famiglia, tra amici non testimonio Cristo nella scelte che compio, nelle parole che uso, negli atteggiamenti che assumo, nei discorsi che faccio...

Questo significa che il mio cuore non è collegato veramente a Gesù, quindi non solo voglio far vedere che sono perfetto, ma non voglio nemmeno ammettere i miei errori, mentre è palese il mio sbaglio, la mia incoerenza. Praticamente scelgo di mentire! Lo schizocardico è un bugiardo che non fonda la sua vita su Gesù e la Sua volontà, ma sull'ipocrisia! Se il cuore è collegato a Cristo provo quello che prova Lui, amo come ama Lui, mi sforzo di essere come Lui e di compiere la Sua volontà anche quando all'inizio non mi va.


  • A chi è collegato il mio cuore: a Gesù o alle bugie?
  • Mi interrogo su quale sia la volontà di Dio? La perseguo anche se apparentemente non mi piace?
  • Quando mi accorgo di aver sbagliato ho l'umiltà di tornare sui miei passi e cambiare strada?

d. Domenico


domenica 24 settembre 2017

"Il tuo occhio è cattivo"



Tutti, chi più chi meno, siamo stati invidiosi di qualcuno, o per lo meno abbiamo giudicato ingiusto un suo dono ritenendoci più meritevoli. E magari, chissà, ce la siamo presi pure con Dio che crea delle disparità.

Il Vangelo di Matteo (20,1-16) parla del padrone della vigna che chiama a ogni ora un lavoratore contrattando con lui un denaro e a fine giornata retribuisce il lavoro a tutti con la stessa paga. È umanamente ingiusto se si pensa che c'è chi ha lavorato di più. Da qui nasce l'invidia dei lavoratori della prima ora che si sentono traditi e ingiustamente trattati, dimenticando che il padrone aveva stipulato sin dall'inizio quella somma con ciascuno! 

«Amico mio, non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? [...] non posso fare delle cose mie quello che voglio? Oppure il tuo "occhio è cattivo" perché io sono buono?».
La giusta osservazione del padrone mette in risalto che l'occhio cattivo, abituato a vedere il male, a ragionare secondo la logica del profitto e del merito, non permette di vedere il bene che il Signore compie. Siamo così intrisi di umano, che crediamo basti quello per vivere. Ma che ce ne facciamo del materiale se quando moriremo sarà la nostra anima a incontrare Dio? Dovremmo allora coltivare di più la dimensione spirituale e pensare secondo il pensiero di Dio.

Se diciamo che Dio è amore, è Padre che ama tutti i suoi figli, allora non può permettere che ci siano figli che si salvino e figli che si perdano, ma dona a ciascuno la possibilità di salvarsi. L'importante è che lavorino nella sua vigna edificando il Regno di Dio, piuttosto che a perdere tempo.

Il Signore ha cura di tutti e soffre quando ci vede a far nulla (cf Mt 20,3) anziché impegnarci a lavorare per il Suo Regno. Quante volte preferiamo fare altro anziché pensare a Dio, e poi ricorriamo a Lui, magari rimproverandolo, quando le cose non vanno; spesso anziché gioire per un fratello che si è convertito e avvicinato a Dio, lo riempiamo di critiche e lo giudichiamo...

Il Signore non fa torto a nessuno, promette a tutti la vita eterna, dà a tutti il "pane quotidiano" utile per la sopravvivenza di ogni giorno, ovvero dà quel che basta per vivere perché l'eccesso induce in tentazione...

Il Regno di Dio non ammette una logica di merito (alla quale la società umana ci abitua), ma richiede una logica del dono che è la logica di Dio. L'invidia ci porta a credere che i primi (coloro che hanno sempre servito Dio rispetto agli ultimi arrivati) debbano meritarsi di più... e cos'altro vorremmo oltre al Paradiso? 

Non sarebbe un Dio della vita colui che lascia morire senza speranza gli ultimi, non sarebbe un Dio dell'amore colui che crea disparità e non cerca di salvare tutti. Il problema dei primi è quando non accettano gli ultimi e quindi usano una logica diversa da quella di Dio, usano occhi incapaci di vedere il Bene.


  • Provo invidia verso qualcuno? Perché?
  • Ho mai ritenuto che il Signore abbia fatto qualcosa di ingiusto? Perché?
  • So accettare la volontà di Dio? Anche quando è scomoda?
  • So amare tutti, anche coloro che non se lo meritano?
  • So guardare ogni cosa con gli occhi di Dio? In cosa devo correggere la mia vista?

d. Domenico